Società Libera online

Newsletter Quindicinale – Anno VIII – n. 124

27 maggio 2008

 

 Nel Welfare la risposta ai globo-scettici

di S. Carrubba

La realtà oltre le polemiche

di L. Ostellino

Un lento declino?

di F. Morganti

La Libreria di Società Libera

di G. Pagano

Frammento

Agenda

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Nel Welfare la risposta ai globo-scettici

 di Salvatore Carrubba

 Il tema della globalizzazione è tornato di drammatica attualità: adesso, non sono più i no-global a dettare l'agenda; ma i globo-scettici come, in Italia, Giulio Tremonti o, negli Usa, Lawrence Summers, il cui intervento di "pentito" della globalizzazione continua a far discutere.

Confesso che mi convincono di più gli studiosi che hanno criticato Summers: animati non da una fede dogmatica nelle virtù del mercato, ma dalla preoccupazione di affrontare le questioni giuste, senza correre il rischio di deragliare sui binari morti di un dibattito ideologico. Da ultimo, Martin Wolf, autore di uno dei libri più belli e convincenti sul perché la globalizzazione "funziona" ,ha notato, sul  «Financial Times», che se per globalizzazione s'intende lo sviluppo di economie finora condannate alla povertà, essa è ineluttabile (e moralmente benvenuta, aggiungerei).

 Il punto - osserva Wolf - è perciò cercare di «redistribuire i profitti della globalizzazione, non di sacrificarli ». Chi crede nel libero commercio e nell'apertura dei mercati, proprio perché è determinato nelle proprie convinzioni dalla constatazione dei vantaggi che essi arrecano alle economie più povere, non può rifiutarsi di leggerne i costi e, soprattutto, le ansie che essi determinano in vasti settori dell'opinione pubblica dei Paesi ricchi, preoccupati di perdere lavoro ai danni delle economie emergenti. Per questo anche chi, come Wolf, crede nella globalizzazione, nel mercato e nell' econo- mia libera non esita ora a indicare come possibile strumento possibile per governarne i costi sociali una riforma profonda del Welfare State, un suo rafforzamento laddove esso è troppo esile - come nel caso degli Usa - e, in conclusione, un necessario aumento delle tasse per coprire i costi derivanti dalle garanzie da offrire ai lavoratori colpiti dagli effetti negativi della globalizzazione.

Se questa, come credo, è la strada, il sentiero si fa particolarmente stretto per il nostro Paese che, messe da parte demagogia e promesse elettorali, ha veramente poco spazio per aumentare un carico fiscale che è già tra i più alti in Occidente. E dovrebbe quindi impegnarsi a tagliare spesa pubblica improduttiva e individuare risorse per riqualificare il proprio sistema di ammortizzatori sociali.

Ma c'è un'altra questione che può restituire appeal alla globalizzazione. Piero Ostellino ha osservato giustamente,sul «Corriere della Sera», l'assurdità e l'illiberalità di voler imporre tetti alle remunerazioni dei super manager delle imprese private. Detto questo, occorre però aggiungere che sbaglierebbe il capitalismo odierno a trascurare la questione della propria legittimazione etica, che può essere certo consolidato solo da una riforma interna, non da assurdi interventi autoritativi

Ancora il «Financial Times» dava notizia lunedì scorso di un sondaggio europeo sulla percezione del gap tra redditi più alti e più bassi: un gap che è sentito (soprattutto in Germania, Francia e Italia) sempre più forte e sempre meno accettabile. L'arma morale del capitalismo è sempre stata quella di proporsi come insuperabile strumento di mobilità sociale (verso l'alto): se questa percezione crolla, agli occhi di molti cittadini viene meno la sua stessa legittimazione etica. Evitare dunque che il gap tra ricchi e poveri aumenti, nel mondo e all'interno delle singole società, è interesse primario dei capitalisti: se vogliono impedire che, sotto la pressione di opinioni pubbliche incarognite, prevalga la demagogia. E se vogliono quindi contribuire a salvare la globalizzazione che li ha resi ricchi.

La realtà oltre le polemiche

di L. Ostellino

Modane, frontiera franco-italiana. Dal 2003 al 2008 - vale a dire negli ultime tre anni del governo Berlusconi2, i due anni del Prodi2, fino ai primi passi del Berlusconi "non c’è il 2 senza il 3" – va di scena sempre lo stesso film: quando il treno proveniente dall’Italia arriva a Modane, una decina di poliziotti francesi salgono per controllare tutti vagoni e chi è senza documenti, in media 10-15 extracomunitari, viene fatto scendere e viene accompagnato e chiuso in uno stanzone allestito appositamente sul primo binario. Quando il primo treno diretto in Italia entra in stazione, i clandestini vengono scortati dagli stessi poliziotti, che nel frattempo hanno formato un "picchetto d’onore" tra la porta dello stanzone e quella del vagone corrispondente, fino all’interno del treno e tenuti d’occhio fino alla chiusura delle porte. Accade ogni giorno, come confermano i viaggiatori italiani che si trovano a passare spesso dalla stazione di Modane e come non possono invece confermare i giornalisti italiani che nessun direttore ha ancora pensato di inviare in loco a raccontare come vanno realmente le cose. Ovviamente, mentre il passeggero italiano andrebbe nei guai se fosse trovato senza biglietto dal controllore, gli immigrati senza documenti rispediti in Italia che gli siedono accanto se ne fanno beffe: "Biglietto? Polizia francese messo su treno. Chiedere a loro…". E al nostro viaggiatore, una volta rotto il ghiaccio, raccontano che avevano provato a passare da Domodossola, dove i finanzieri italiani, prima, li hanno lasciati entrare in Svizzera e, poi, una volta rispediti in Italia dai gendarmi elvetici, gli hanno "suggerito" di riprovare a Modane… "L’Italia – ammiccano - è sicuramente un buon Paese, con persone generose. Però è un po’ ridicolo…". 

C’è di che meditare. Di legge Bossi-Fini, suoi depotenziamenti, non applicazione e quant’altro, ne parleremo la prossima volta.

  Un lento declino?

 di F. Morganti

Leggo sul Corriere del 13 maggio una strigliata dell'amico Salvatore Bragantini: "Se davvero le idee del libro di Tremonti ispireranno il governo, Il Pd deve mostrarne la fallacia." Aggiungerei che dimostrandone la fallacia dovrà trovare il consenso degli elettori, altrimenti la sua dimostrazione sarà velleitaria. Il 15 maggio a Roma, alla presentazione del 6° Rapporto di Società Libera sulle liberalizzazioni in Italia, Bruno Tabacci ha detto che il paese si è consegnato al presidenzialismo pur avendo istituzioni parlamentari e quindi senza i necessari contrappesi, prevedendo quindi un futuro nefasto. Sulla Repubblica del 18 maggio Eugenio Scalfari, riprendendo Tocqueville, dice "Non si può fare a meno di rimanere stupefatti al vedere in quali mani indegne possa cadere anche un grande popolo."

Non condivido le profezie di queste Cassandre. Il paese è quello che è: non è per aver dato un'ampia maggioranza a Berlusconi in una forma presidenzialista che cambierà profondamente la sua natura. Che è quella di un paese in fondo alle classifiche della scuola, della giustizia, della malavita organizzata, dell'analfabetismo, della ricerca, della burocrazia, della sopraffazione degli ordini professionali, della funzione pubblica: e tutto questo da tempo memorabile. Un paese che declina costantemente, ma lentamente. Con una crescita inferiore all'1% e i costi energetici e ambientali in aumento, l'italiano si impoverisce ogni anno di più, ma lentamente. Su redditi di 20.000 euro perde 400 euro all'anno: fa qualche gita fuori porta in meno, va meno al cinema, legge meno libri, che tanto non legge lo stesso. Ma senza drammi.

Non si tratta di un salto nel baratro che forse provocherebbe una reazione vivace e l'emersione di una nuova classe dirigente. E' un declino lento e ineluttabile: nascono pochi bambini, abbiamo sempre più vecchi, che mantengono posizioni di potere nelle università, nella sanità, nella politica, nelle imprese. Tutto gioca a favore di una conservazione cieca e ottusa, che dura da tanti anni, più di una trentina.

Roger Abravanel ha scritto un libro, che è uscito in questi giorni. Si intitola  "Meritocrazia", ma è una voce che grida nel deserto, come del resto fa spesso Francesco Giavazzi, il suo prefatore. Se non adotteremo in fretta le loro ricette che cosa accadrà? Nulla.

 La Libreria di Società Libera 

Dostaler Gilles, Il liberalismo di Hayek,Rubbettino 2008 pp.165 euro 10

Friedrich Hayek è stato uno dei principali artefici della ricostruzione del liberalismo nel XX secolo, sia sul piano del pensiero sia su quello dell'azione. Attraverso un'opera ricca e densa, Hayek ha cercato di fornire nuove fondamenta a un liberalismo che egli ha contrapposto, senza tregua, al keynesianesimo e a tutte le forme d'interventismo... [http://www.societalibera.org/it/recensioni/recensioni.htm]

 

 

Frammento

«Ma perché l’esperienza sia una lezione, perché essa compia la sua missione nel mondo, perché sviluppi la previdenza, perché esponga la serie degli effetti, perché provochi le buone abitudini e restringa le cattive, in una parola perché sia lo strumento del progresso e del perfezionamento morale, bisogna che la legge della responsabilità agisca. Bisogna che le cattive conseguenze si facciano sentire».

Frèdèric Bastiat , a cura di, A. Falato Guida, 1998  

  Agenda

* NAPOLI - 19 giugno ore 21,00 - VI edizione del Premio Internazionale alla Libertà.

* MILANO - 28 giugno ore 19,15 - Executive Lounge via de Tocqueville, 3 -Aderenti e amici di Società Libera si incontrano per un aperitivo e un saluto prima della pausa estiva.

 

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La newsletter è stata redatta da: Fabrizio Garavaglia (Milano), Maria Cristina Nardini (Roma), Massimo Olivotti (Milano), Luca Ostellino (Roma), Giancarlo Pagano (Napoli)