TAVOLA DELLA PACE

Perlapace.it 27 giugno 2007 - ore 08:47

PERUGIA - ASSISI:

-101 giorni -

 

ADESIONE MARCIA PER LA PACE 2007

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TAVOLA DELLA PACE

Appello per un politica di pace Voglio di +, - Sostienilo anche tu!!!

 

Ai Presidenti e responsabili
delle associazioni e organizzazioni in indirizzo

Cari amici,

Vi inviamo l’appello con cui intendiamo promuovere un maggiore impegno dell’Italia per la pace e la giustizia nel mondo.

Il documento, intitolato Voglio di +, si rivolge al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche sollecitando:

+ impegno e coerenza contro la povertà che uccide;
+ impegno per mettere fine alle guerre del Medio Oriente;
+ impegno per un’informazione e una comunicazione di pace;
+ impegno per educare alla pace e ai diritti umani;
+ impegno per i diritti umani;
+ impegno per i diritti dei migranti e il pluralismo culturale;
+ impegno per una nuova Onu democratica e capace;
+ impegno per la risoluzione pacifica dei conflitti nel Corno d´Africa;
+ impegno per la pace in Afghanistan;
+ impegno per non dimenticare l’Iraq e gli iracheni;
+ impegno per il disarmo;
+ impegno per l’ambiente e il clima;
+ impegno per un’Europa di pace, unita e solidale.

Si tratta di documento che è stato elaborato nei mesi di maggio e giugno dalla Tavola della pace con il contributo di numerose organizzazioni della società civile. Alcune di queste richieste dovranno essere attuate già in queste settimane nell’ambito della sessione di bilancio, dal DPEF alla legge finanziaria 2008. Altre richiederanno tempi più lunghi. Vi proponiamo di collaborare per la loro rapida attuazione sollecitando direttamente i parlamentari, il governo e le forze politiche e inviando la vostra adesione al documento e alla campagna Voglio di +. Il testo resta aperto alla discussione e al contributo di tutti coloro che intendono contribuire ad un impegno sempre più incisivo del nostro paese per la pace, i diritti umani e la giustizia nel mondo. Questo è il tempo in cui dobbiamo agire insieme, con maggiore forza e determinazione, per trasformare le parole in fatti. Contiamo sulla partecipazione di tutte le donne e gli uomini di pace.

Con i più cordiali saluti
Flavio Lotti e Grazia Bellini
Coordinatori nazionali
Tavola della pace


Perugia, 26 giugno 2007

Incontriamoci il 6-7 Luglio ad Assisi


Invitiamo tutti a partecipare alla prossima riunione generale del Comitato Organizzatore della Marcia per la pace Perugia-Assisi e della Settimana per la pace che si svolgerà ad Assisi il 6 e 7 luglio 2007, presso la Cittadella, sede della Pro Civitate Christiana.

Per ogni comunicazione: Tavola della Pace, via della viola, 1 (06122) Perugia - Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - email: info@perlapace.it -
www.tavoladellapace.it

***

In cammino verso Assisi promuovendo tutti i diritti umani per tutti

Voglio di +

Quello che chiediamo oggi al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche italiane


In tutto il mondo cresce l’accorata domanda di giustizia, rispetto dei diritti umani e solidarietà di centinaia di milioni di persone prigioniere della miseria, della guerra, dell’oppressione e della violenza. Per rispondere a questa domanda migliaia di cittadini, associazioni ed enti locali italiani promuovono ogni giorno, con grande generosità e senso di responsabilità, decine di migliaia di piccole e grandi azioni concrete. La sfida è immensa e deve essere affrontata da tutti coloro che hanno il potere e gli strumenti per intervenire. Un compito speciale spetta al mondo dell’informazione e in particolare alla Rai servizio pubblico radiotelevisivo. Tutte le istituzioni sono chiamate a fare di più, in modo più efficace e coerente. Consapevoli della gravità e della complessità delle sfide e dei pericoli che siamo chiamati ad affrontare al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche chiediamo +:
Più impegno e coerenza contro la povertà che uccide.
In vista della prossima sessione di bilancio, dal DPEF alla legge finanziaria 2008, chiediamo:
- il rispetto degli impegni internazionali sottoscritti e la definizione di un Piano Italia per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ed evitare un clamoroso fallimento, il minimo che l’Europa e l’occidente possano fare per iniziare a sradicare la povertà;
- un aumento delle risorse per la cooperazione allo sviluppo, definendo un chiaro calendario di impegni finanziari per raggiungere l’obiettivo dello 0,51 % APS/PIL entro il 2010 e lo 0,7% entro il 2015 (il Governo si deve inoltre impegnare a contabilizzare le operazioni di cancellazione e riduzione del debito in maniera distinta e separata rispetto alle risorse fresche per l’APS);
- l’immediato versamento del contributo italiano promesso al Fondo globale per la lotta all’Aids, alla malaria e alla tubercolosi;
- di rendere più efficiente, efficace e coerente l’azione italiana di cooperazione mediante l’immediato riconoscimento, il finanziamento e la promozione della
"cooperazione decentrata comunitaria e delle iniziative di pace e solidarietà internazionale degli Enti Locali, delle associazioni e delle comunità locali contro la miseria e la guerra;
- di sostenere in sede europea lo slittamento della scadenza negoziale, fissata per il 31 dicembre 2007, in relazione agli accordi di Partenariato Economico (APE/EPA) in corso di negoziato tra l’Ue e i Paesi dell’Africa dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Tale proroga dovrebbe impegnare l’Italia e l’Ue a valutare con attenzione gli impatti negativi per l’ambiente, l’economia e le popolazioni dei Paesi ACP di questi accordi di libero scambio, favorendo, con la partecipazione della società civile, la ricerca di alternative in grado di garantire la coerenza dei negoziati con gli obiettivi di sviluppo stabiliti nell’accordo di Cotonou;
- di approvare rapidamente la nuova legge sulla cooperazione internazionale, raccogliendo le proposte della società civile e degli Enti Locali e di porre in essere da subito tutti i correttivi necessari per rimettere in moto il pieno funzionamento della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo.
Più impegno per mettere fine alle guerre del Medio Oriente.
Chiediamo:
- l’assunzione di un’iniziativa politica, chiara e risoluta, del Governo e del Parlamento, che rompa l’immobilismo dell’Europa e della comunità internazionale, per costringere le parti a riprendere subito il negoziato, per far rispettare i diritti umani e la legalità internazionale, favorire una rapida soluzione della grave crisi che divide i palestinesi e costruire una pace giusta con gli israeliani. L’obiettivo deve essere la fine delle violenze, delle sofferenze e del conflitto israelo-palestinese cuore di tutti i conflitti del Medio Oriente. Il metodo deve essere quello del dialogo con tutti senza pregiudiziali. I fatti dimostrano che le iniziative unilaterali, l’isolamento di Hamas, la chiusura ermetica dei territori e la separazione di Gaza dalla Cisgiordania alimentano la guerra anziché frenarla. Il piano di pace presentato dai paesi arabi è un’occasione storica che non deve essere sprecata.
- il sostegno concreto ai progetti della società civile e degli Enti Locali impegnati a promuovere l’incontro, il dialogo, la costruzione della fiducia reciproca tra israeliani e palestinesi e tra i diversi popoli del Medio Oriente;
- di promuovere la riapertura della Striscia di Gaza e di organizzare, insieme alla rete degli Enti Locali e delle organizzazioni della società civile, una grande azione umanitaria per portare soccorso alle popolazioni imprigionate nei territori palestinesi, alleviare le sofferenze quotidiane delle persone e in particolare dei più deboli e vulnerabili, rigenerare la speranza e la fiducia in particolare tra i giovani;
- di promuovere l’invio di una forza internazionale di pace delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza e nella Cisgiordania per la promozione della sicurezza umana di entrambi popoli. L’Onu, con il deciso sostegno dell’Unione Europea, si deve assumere la responsabilità di garantire la sicurezza di Israele e della Palestina anche trasferendo la sua sede principale a Gerusalemme, città aperta, capitale di due stati e del mondo intero;
- di promuovere il dialogo e il negoziato politico con tutti i paesi del Medio Oriente, anche tramite l´organizzazione di una Conferenza internazionale per la pace e la sicurezza, per affrontare in modo coerente e globale i problemi irrisolti nella regione sulla base del diritto internazionale, favorire il riconoscimento reciproco e costruire le condizioni per una pace giusta e duratura;
- di assumere tutte le iniziative necessarie per scongiurare ogni azione di guerra contro l’Iran e sollecitare la convocazione di una Conferenza internazione per eliminare tutte le armi nucleari, chimiche e batteriologiche dal Medio Oriente in applicazione della Risoluzione firmata nel 1995 da tutti gli Stati membri del Trattato di Non Proliferazione nucleare;
- di promuovere l’approvazione di un nuovo accordo sull´uso delle acque del Medio Oriente (accessibilità, condivisione,...) per promuovere la pace e la convivenza tra i popoli della regione (Iniziativa
"Acqua per la pace").
Più impegno per un’informazione e comunicazione di pace.
Chiediamo di impegnare la Rai a:
- dedicare 5 minuti, tutti i giorni, dopo il TG della sera, per far sì che ogni giorno la gente apra il cuore e la mente al mondo e alla gente che lo abita imparando ogni sera una cosa speciale che può rendere migliore la nostra vita;
- realizzare una trasmissione settimanale, in prima serata, di alta qualità e di grande approfondimento sui temi più scottanti del mondo, della pace, della giustizia e dei diritti umani: una trasmissione per conoscere le sfide che ci coinvolgono (come per esempio la grave crisi mondiale dell’acqua) e discutere le possibili soluzioni;
- definire una programmazione diffusa per la promozione della cultura della pace, dei diritti umani e della nonviolenza;
- abolire la pubblicità nelle fasce di programmazione dedicate ai bambini per dare ai nostri figli una formazione più libera e meno condizionata;
- garantire il pluralismo aprendo le porte ai costruttori di pace, alle organizzazioni della società civile e agli Enti Locali impegnati per la pace, la giustizia e la democrazia internazionale;
- dare spazio alle idee e all’iniziativa dei migranti, promuovendo una immagine positiva ed evitando che l’uso continuo di immagini stereotipate e il ricorso ai migranti come capro espiatorio crei nella nostra società fratture e conflitti insanabili.

Più impegno per educare alla pace e ai diritti umani.
Chiediamo:
- di approvare entro il 4 ottobre 2007 una legge ad hoc per la celebrazione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (2008) mediante la promozione di una vasta campagna di educazione all’azione per i diritti umani (e in particolare per i diritti ancora non completamente riconosciuti (pace, pari opportunità, ambiente, acqua,) da realizzare con le organizzazioni della società civile e gli Enti Locali;
- di rendere permanente l’educazione alla pace e ai diritti umani in tutte le scuole di ogni ordine e grado valorizzando le esperienze sin qui realizzate, anche tramite l’emanazione di una apposita direttiva.
Più impegno per i diritti umani.
Chiediamo:
- di approvare rapidamente il disegno di legge per l´istituzione della
"Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani e la tutela dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale";
- di organizzare una sessione annuale del Parlamento in seduta comune per discutere dello stato dei diritti umani in Italia e delle raccomandazioni che i pertinenti organismi internazionali rivolgono al nostro paese;
- al Parlamento, di ratificare senza indugio le Convenzioni Internazionali rispettivamente sui diritti umani delle persone con disabilità, sulla protezione di ogni persona dalle sparizioni forzate, sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie;
- coerenza di comportamento nelle relazioni bilaterali nel senso di condizionare la stipulazione e l’attuazione degli accordi al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
- la partecipazione dell’Italia, con personale qualificato, in tutte le sedi internazionali in cui si trattano i diritti umani;
- un impegno fattivo e sistematico perché siano rispettati i diritti dei popoli alla pace, allo sviluppo umano, all’ambiente, all’autodeterminazione.
Più impegno per i diritti dei migranti e il pluralismo culturale.
Chiediamo:
- di approvare rapidamente il disegno di legge sull’immigrazione rispondendo alle richieste di modifiche delle organizzazioni sociali e delle comunità locali;
- di approvare contestualmente un provvedimento che consenta la regolarizzazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici straniere senza permesso di soggiorno, favorendo l’emersione del lavoro nero, il relativo gettito fiscale e il rispetto dei diritti di centinaia di migliaia di uomini e donne oggi in condizioni di forte discriminazione;
- di approvare rapidamente il disegno di legge sulla cittadinanza, rispondendo alle richieste delle associazioni, dei sindacati delle amministrazioni locali, evitando che le future generazioni dei figli dei migranti siano stranieri nel Paese in cui sono nati e favorendo in tal modo una maggiore coesione sociale;
- di approvare rapidamente la legge sul diritto d’asilo, aumentando le risorse per l’accoglienza e promuovendo una campagna di sensibilizzazione a favore delle persone che fuggono da persecuzioni, guerre, conflitti e disastri ambientali;
- di promuovere una grande campagna per la formazione e l’insegnamento della lingua italiana ai migranti, impegnando risorse umane e finanziarie consistenti per consentire relazioni positive nelle comunità locali ed evitare frammentazione sociale e separazione;
Più impegno per una nuova Onu democratica e capace.
Chiediamo:
- la definizione, con il concorso del Parlamento, della società civile e degli Enti Locali, di un piano d’azione dell´Italia, da sviluppare nei due anni di permanenza nel Consiglio di Sicurezza, per difendere, salvare, rilanciare e democratizzare l’Onu includendo le seguenti proposte: costituire l’Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite; creare un Consiglio per la sicurezza umana (economica, sociale e ambientale) e promuovere il controllo dell´Onu su tutti i beni comuni mondiali; riconoscere il diritto umano all’acqua per la vita entro il 10 dicembre 2008 e organizzare il Forum Mondiale dell´Onu sull’Acqua; implementare gli accordi previsti dall´art. 43 della Carta delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali; convocare una Convenzione Universale sul futuro delle Nazioni Unite; potenziare il sistema Onu per i diritti umani e in particolare l’Ufficio dell’Alto Commissario; approvare la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni;
- di appoggiare la proposta di una Convenzione Universale sul futuro delle Nazioni Unite con la partecipazione anche di organizzazioni e movimenti di società civile e di Enti di governo locale;
- di rendere tripartita la composizione delle delegazione italiana negli organismi Onu (Governo, Parlamento, organizzazioni della società civile) a cominciare dalla prossima convocazione dell’Assemblea Generale;
- la riapertura dell’Ufficio dell’Onu in Italia.
Più impegno per la risoluzione pacifica dei conflitti nel Corno d´Africa.
Chiediamo:
- l’assunzione di chiare iniziative politiche a sostegno della risoluzione negoziale delle crisi aperte: in Somalia, dove centinaia di migliaia di civili sono praticamente ostaggio di un conflitto ormai diventato regionale; tra l’Etiopia e l’Eritrea, dove la mancata delimitazione del confine tra i due paesi ha causato crisi politiche interne e uno stato di grave instabilità in tutta la regione; nel Darfur, in cui un conflitto regionale rischia di rimettere in gioco la pace nell´intero Sudan;
- l’assunzione di un deciso ruolo nei prossimi incontri internazionali per la soluzione dei conflitti nei paesi del Corno d´Africa a favore di una politica di confronto e di dialogo che includa tutti gli attori coinvolti, compresa la società civile, e non solo i governi e i gruppi combattenti;
- il sostegno concreto ai progetti della società civile e degli Enti Locali impegnati a promuovere l’incontro, il dialogo, la costruzione di reti locali a sostegno dei processi di pacificazione nei paesi del Corno d’Africa, e in particolare in Sudan dove questi legami tra associazioni italiane e sudanesi sono già consolidati.
Più impegno per la pace in Afghanistan.
Chiediamo:
- che l’Italia, impegnata a relazionare all’Onu in ottobre sulla missione militare in Afghanistan, chieda la fine delle missioni militari in corso e la costituzione di una nuova forza Onu con il mandato di proteggere la popolazione civile dalle violenze, da qualunque parte perpetrate;
- di sollecitare la fine dei bombardamenti e delle azioni militari indiscriminate che continuano a colpire le popolazioni civili;
- di chiarire in modo definitivo la distinzione tra operazioni militari di guerra degli Stati Uniti e della Nato e autentiche operazioni di polizia internazionale (militare e civile) dell’Onu;
- di continuare a promuovere l’organizzazione di una Conferenza Internazionale di Pace, con la partecipazione di tutti i paesi della regione;
- di sostenere la società civile afgana stretta nella morsa dei talebani, dei signori della guerra che siedono anche al governo, dei bombardamenti finanziando l´impegno per la pace, il rispetto dei diritti umani, la riconciliazione e la ricostruzione.
Più impegno per non dimenticare l’Iraq e gli iracheni.
Chiediamo:
- una forte iniziativa politica dell’Italia per la pace in Iraq basata su un approccio multilaterale e un processo inclusivo di tutte le parti irachene. In questo ambito l´Italia dovrebbe proporre l’invio di un contingente Onu in sostituzione delle truppe straniere presenti e indicare il proprio territorio come luogo neutrale per lo svolgimento di colloqui di pace interiracheni;
- di avviare una nuova politica di cooperazione, aiuto umanitario e ricostruzione coerente con l’indirizzo espresso dal Governo ed essere manifestamente quindi rivolto a tutte le comunità e non confinato a Nassiria;
- di destinare risorse ed attenzione al sostegno della azione delle organizzazioni non governative irachene che si battono per la riconciliazione nazionale;
- di destinare risorse ed attenzione per contribuire ad affrontare il gravissimo problema dei profughi e sfollati iracheni;
- di non approfittare della guerra per sfruttare il petrolio iracheno a danno delle popolazioni locali che hanno diritto di utilizzare i proventi di un commercio equo per la ricostruzione del proprio paese;
- di esigere con determinazione il rispetto dei diritti umani da parte del governo iracheno.
Più impegno per il disarmo.
Chiediamo:
- l’apertura di un tavolo di confronto tra il Ministero della Difesa e le organizzazioni della società civile e gli Enti Locali impegnati per la pace e la sicurezza umana;
- di agire per dare concreta attuazione all’approccio della sicurezza umana nelle missioni di pace e di promuovere l’istituzione della infrastruttura europea dei corpi civili di pace;
- più risorse economiche per permettere a tutti i giovani interessati di svolgere il servizio civile nazionale;
- la riapertura della discussione sul progetto di costruzione della nuova base americana di Vicenza e sulla partecipazione italiana alla costruzione del caccia F-35 Joint Strike Fighter;
- avviare subito l’organizzazione della Conferenza nazionale sulle servitù militari;
- la riduzione delle spese militari e del personale delle FFAA, della produzione e del commercio delle armi italiane;
- di opporsi al progetto americano di Scudo spaziale;
- di promuovere l’eliminazione di tutte le armi nucleari ancora presenti in Italia, in Europa e in Medio Oriente.
Più impegno per l’ambiente e il clima.
Per difendere l’ambiente e lottare contro i mutamenti climatici chiediamo di:
- inserire nel Documento di Programmazione Economico e Finanziario un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli obblighi derivanti dall’attuazione del Protocollo di Kyoto, e sui relativi indirizzi;
- operare al fine di ampliare la partecipazione alle iniziative in atto per affrontare cambiamenti climatici secondo il principio della responsabilità comune, differenziata negli oneri;
- attuare il Protocollo di Kyoto come occasione per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e la fattura delle importazioni energetiche del Paese, per l’innovazione nel settore dei trasporti, della mobilità e della logistica, il risparmio delle famiglie nei consumi civili e domestici, l’innovazione del sistema di produzione di energia elettrica e di calore, l’efficienza energetica, l’innovazione tecnologica e l’occupazione;
- promuovere con maggiore efficacia lo sviluppo di tutte le fonti energetiche rinnovabili (idriche, geotermiche, eoliche, solari, biomasse) per la produzione di energia elettrica, di calore e di carburanti, con un sistema incentivante, differenziato per fonte, senza tetti, accessibile, certo e di lunga durata, assicurando il collegamento con le reti di distribuzione e procedure di localizzazione e di autorizzazione più semplici, in grado di garantire le necessarie valutazioni ambientali, territoriali ed economiche, in tempi più rapidi, con trasparenza per i cittadini e per gli operatori;
- sostenere lo sviluppo dei distretti agro-energetici in modo che l’agricoltura possa valorizzare sia le risorse rinnovabili disponibili sul territorio (solare, idrica, eolica) sia quelle direttamente producibili o ricavabili dalle proprie attività (biogas, biocarburanti, biomasse), sia da attività di forestazione e manutenzione dei boschi, in modo da produrre, insieme ai benefici ambientali, una integrazione del reddito per gli agricoltori, contrastando l’abbandono delle campagne in corso.

Più impegno per una Europa di pace, unita e solidale.
Per il rilancio del processo costituente europeo chiediamo:
- di promuovere la partecipazione delle organizzazioni della società civile europea, dei rappresentanti del Parlamento europeo, dei Parlamenti nazionali e non solo dei governi nell’elaborazione di qualsiasi riforma del "Trattato costituzionale", con la convocazione di una nuova Convenzione europea e con la consultazione diretta dei cittadini attraverso un referendum paneuropeo da tenersi in contemporanea nei paesi membri in occasione delle elezioni del Parlamento europeo del 2009 ;
- di riconoscere nel Trattato di Riforma, la pace come valore, diritto e obiettivo dell’Unione Europea e di sopprimere la ridicola e contraddittoria frase economia sociale di mercato fortemente competitiva e sostituirla con una frase che sancisca l’impegno a costruire l’Europa sociale nel rispetto di tutti i diritti umani in conformità al principio della loro interdipendenza e indivisibilità;
- di inserire nel Trattato di Riforma la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, così da darle forza giuridica pienamente vincolante;
- di strutturare il dialogo civile sviluppando i canali di accesso per la rappresentanza degli interessi generali, in particolare di quelli solidaristici.
Questo documento è stato elaborato nei mesi di maggio e giugno dalla Tavola della pace con il contributo di numerose organizzazioni della società civile. Il testo è stato rivisto a Perugia il 26 giugno 2007 e resta aperto alla discussione e al contributo di tutti coloro che intendono contribuire ad un impegno sempre più incisivo del nostro paese per la pace, i diritti umani e la giustizia nel mondo.

Ogni contributo o commento può essere inviato alla Tavola della Pace: via della viola 1 (06122) Perugia - Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - info@perlapace.it -
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Abbiamo inserito il Vostro indirizzo di Posta Elettronica nella nostra Newsletter allo scopo di inviarVi le nostre comunicazioni informative. Tutti i destinatari della mail sono in copia nascosta (L. 675/96). Gli indirizzi ai quali mandiamo la comunicazione sono selezionati e verificati, ma può succedere che il messaggio pervenga anche a persone non interessate. Potete perciò opporVi, ai sensi della 1/1/2004 ex d.lgs. 196/2003, in tutto o in parte al trattamento di dati personali che Vi riguardano, chiedendo in qualsiasi momento, l´accesso, la cancellazione, la modifica o l´aggiornamento dei vostri dati personali inviando un messaggio all´indirizzo
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TAVOLA DELLA PACE

L’agenda politica dei diritti umani - Un documento per riflettere insieme - Verso la Marcia per la pace Perugia-Assisi

 

Cari amici,

Vi inviamo un documento scritto da Marco Mascia e Antonio Papisca del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova in preparazione del prossimo seminario nazionale della Tavola della pace che si svolgerà il 6 e 7 luglio 2007 ad Assisi. Si tratta di un contributo particolarmente utile per approfondire il confronto e la preparazione della prossima Marcia Perugia - Assisi, della Settimana della pace e delle numerose iniziative collegate. Il documento è intitolato "L’Agenda politica dei diritti umani" e propone una riflessione originale sugli obiettivi di fondo del nostro impegno di pace. Non è un documento da approvare o da respingere, ma da utilizzare per definire sempre più la pace come progetto politico. Questo documento sarà alla base del dibattito che faremo ad Assisi e al quale Vi rinnoviamo linvito a partecipare. La gravità delle sfide che ci accompagnano e della crisi della politica che dovrebbe risolverle sollecitano il movimento per la pace a tenere alta la sua iniziativa e la sua proposta. Ogni contributo (anche scritto) al dibattito è benvenuto. Contiamo dunque sulla vostra partecipazione. Nella speranza d’incontrarvi ad Assisi il 6 e 7 luglio, Vi inviamo i più cordiali saluti

Flavio Lotti e Grazia Bellini

Coordinatori nazionali Tavola della pace

Perugia, 24 giugno 2007

Marcia Perugia-Assisi - Settimana della pace 1-7 OTTOBRE 2007
Tutti i diritti umani per tutti

La pace non è il suo nome ma ciò che la fa l’Agenda politica dei diritti umani
un contributo alla riflessione

La 7° Assemblea dell’ONU dei Popoli cade quest’anno nell’Anno Europeo delle Pari Opportunità per Tutti, nel 50° dei Trattati di Roma, alla vigilia del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del 60° anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana, dell’Anno Europeo per il Dialogo Interculturale, dellAnno Internazionale del Pianeta Terra. Il significato di queste coincidenze è che la bussola dei diritti umani deve realmente guidare l’azione politica dalla Città all’ONU.

1. I diritti umani interpellano l’Agenda della politica se è vero, com’è, che essi sono il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione" (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 10 dicembre 1948) e che pertanto il loro soddisfacimento deve essere realizzato, prima e più che con sentenze dei tribunali, peraltro necessarie e irrinunciabili in presenza di violazioni, soprattutto con adeguate azioni positive e politiche sociali in sede nazionale e internazionale.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani proclama che "tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza" (art.1). Il soggetto dei diritti umani non è la persona individualista, ma quella che nasce e si sviluppa nella comunità. La realizzazione dei diritti umani interpella limpegno di ciascuno nel perseguire obiettivi di bene comune nella città e nello spazio dilatato di un mondo sempre più interdipendente. La via sicura per il rispetto dei diritti fondamentali è quella di prevenire le violazioni, lottica è pertanto quella della promozione più che della sanzione. Il paradigma dei diritti umani, come sottolinea la Dichiarazione Universale, si propone quale "ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con linsegnamento e leducazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà". Il riconoscimento giuridico internazionale dei diritti umani, iniziato con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale, è la più grande conquista cui lumanità è pervenuta nel secolo XX durante il quale sono avvenute le più sanguinose guerre della storia, genocidi, olocausto, gulag, pulizia etnica, limpiego della bomba atomica e lattacco all’ambiente naturale. Il Diritto internazionale dei diritti umani che si è venuto sviluppando negli ultimi 60 anni ha innescato una rivoluzione umanocentrica allinterno dellordinamento giuridico internazionale, ponendo a suo fondamento il principio del rispetto della "dignità di tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti eguali ed inalienabili" e rendendo a questo strumentale lesercizio della sovranità degli stati. A questa conquista si è giunti dopo secoli di rivendicazioni, di violazioni, di testimonianze pagate anche col sacrificio della vita, lungo un percorso che ha visto camminare insieme gli operatori della civiltà del diritto e quelli della civiltà del lavoro. Alla vigilia del 60° anniversario della Dichiarazione Universale occorre ribadire con forza che questa conquista è irrinunciabile e che va pertanto difesa e sviluppata nello scrupoloso rispetto dei principi di universalità, di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani civili, politici, economici, sociali e culturali, diritto alla pace, diritto allo sviluppo umano, diritto allambiente nonché del principio secondo cui i diritti umani delle donne e delle bambine sono parte indissociabile dei diritti umani internazionalmente riconosciuti.
I diritti umani sono ciò che essi comportano sul terreno della loro pratica attuazione. Sui diritti umani non si fanno, non si possono fare sconti. Il Codice internazionale dei diritti umani non soltanto richiama gli stati e le pubbliche istituzioni al dovere di rispettarlo, ma legittima tutti a farsi soggetti attivi per l
effettività dei suoi principi e delle sue norme. La Dichiarazione delle Nazioni Unite "sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti" (8 marzo 1999) stabilisce infatti che "tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale" (art.1). Si fa qui appello alla responsabilità sociale di tutti, in particolare di singoli, di associazioni e di movimenti che operano attivamente per la promozione umana allinterno delle comunità sociali e politiche ai vari livelli, da quello locale a quello mondiale. Per i soggetti di società civile è la legittimazione a esercitare una responsabilità altissima, che supera la portata formale del freddo dovere giuridico e lo traduce in concrete azioni di solidarietà e di protagonismo democratico.

2. Con questa consapevolezza la Tavola della Pace agisce, fin dalla sua nascita, per la promozione e la protezione dei diritti umani quale impegno centrale della costruzione di un "ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati" secondo quanto dispone lart. 28 della Dichiarazione Universale, dunque per un ordine pacifico, più giusto, equo, solidale e democratico. La Tavola marca il suo pacifismo politico nel segno della legalità e della progettualità. Componente essenziale di questa identità attiva è limpegno per lestensione e il potenziamento della pratica della democrazia, in tutti i suoi contenuti (politici, economici e sociali), in tutte le sue articolazioni, a cominciare da quella partecipativa, a tutti i livelli (locale, nazionale e internazionale) e del dialogo e della cooperazione tra popoli e tra culture lungo il percorso che, senza soluzione di continuità dalla città deve arrivare fino alle Nazioni Unite e alle altre sedi istituzionali multilaterali. Lesercizio sempre più attivo e puntuale di questa identità è indispensabile per rompere i muri dei fondamentalismi, delle incomprensioni e delle discriminazioni e per squarciare la fitta coltre di opacità e di autoreferenzialismo che avvolge i vertici governativi e i potentati multinazionali economici, finanziari, tecnologici, dellinformazione. Con la legittimazione che ci deriva dal Diritto internazionale dei diritti umani affermiamo con determinazione che non ci può essere pace se non si costruiscono le condizioni in cui le persone e i popoli possano realizzare i rispettivi percorsi di vita, condizioni cioè tali che consentano la piena realizzazione della personalità in tutte le sue potenzialità, materiali e spirituali, e nella pienezza della sua dimensione sociale. Vita umana, diritti umani e pace costituiscono un nesso inscindibile ai sensi del vigente Diritto internazionale, tale da non ammettere eccezione alcuna. Pena di morte e guerra sono espressione di barbarie, nei loro riguardi esiste un divieto che è venuto assumendo il carattere, fortemente precettivo, dello ius cogens. Quando vi si attenta, si ferisce il cuore stesso della legalità, si accede alla perversa dinamica del prevalere della legge della forza sulla forza della legge, ci si avvita in una spirale che può rivelarsi, usando il monito che Giovanni Paolo II indirizzava ai fautori della guerra, avventura senza ritorno. In questo contesto di imbarbarimento degli ordinamenti giuridici e dei sistemi politici, diventa difficile distinguere tra offensori e offesi, tra carnefici e vittime, con gravissimi danni per le coscienze, in particolare per quelle dei più giovani. Una coerente Agenda politica dei diritti umani deve, in via pregiudiziale, porsi al riparo da equivoci e strumentalizzazioni che portano a considerare i diritti umani in termini ora di emergenza ora di assistenzialismo ora di astratto garantismo processualistico. La logica del Diritto universale dei diritti umani è quella della centralità della persona umana, delleguaglianza e della non discriminazione, dunque è la logica dellinclusione, come tale postula la "città inclusiva" in unEuropa, in un Mediterraneo e in un mondo inclusivi, in cui sia dato a tutti di poter esercitare eguali diritti di cittadinanza: civili, politici, economici, sociali, culturali. Il tradizionale istituto della cittadinanza nazionale è pertanto sollecitato a superare la logica dellesclusione e del privilegio, una logica costitutivamente discriminatoria. La sfida è particolarmente forte per lUnione Europea, oltre che per ciascuno dei suoi stati membri, in ragione del fatto che la cittadinanza dellUE apre alla pluralizzazione della cittadinanza nello spazio europeo ma in termini di complementarietà rispetto alla cittadinanza nazionale. LAgenda politica dei diritti umani deve coerentemente ispirarsi al principio secondo cui "stato di diritto" e "stato sociale" sono le due facce di una stessa medaglia, in ossequio al sopraordinato principio di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti umani, consacrato dal vigente Diritto internazionale. Chi discrimina tra diritti civili e politici da un lato, e diritti economici, sociali e culturali dallaltro, non soltanto compie unoperazione arbitraria dal punto di vista logico e giuridico, ma soprattutto attenta allintegralità della persona, fatta di anima e di corpo, di spirito e di materia: il diritto allalimentazione, il diritto al lavoro o il diritto alla salute non sono meno fondamentali del diritto alla libertà di associazione o del diritto di elettorato attivo o passivo. Pertanto, nellAgenda politica dei diritti umani, in conformità con il predetto principio della loro interdipendenza e indivisibilità, devono trovare eguale spazio e peso le garanzie dei diritti civili e politici e le garanzie dei diritti economici, sociali e culturali. Nel costruire questa Agenda politica si è supportati dal fatto che le norme internazionali sui diritti umani, le quali costituiscono il nucleo costituzionale dellordinamento internazionale generale, si saldano con le pertinenti norme della Costituzione della Repubblica italiana, a cominciare dagli articoli 2 e 3, con la norma "pace diritti umani" che, a partire dal 1991, risulta oggi inclusa in migliaia di statuti di comuni e province, nonché in numerose leggi regionali. Il reciproco rafforzamento degli ordinamenti ai vari livelli, dalla Città all’ONU, risponde pienamente al principio statuito dalla Dichiarazione Universale secondo cui "il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, eguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo". La dignità della persona è quindi, come prima ricordato, principio fondativo dellordine mondiale e di qualsiasi altro ordinamento, e lesercizio della sovranità degli stati diventa strumentale al perseguimento di ciò che deve permettere a "tutti i membri della famiglia umana" di realizzare, nella libertà dal potere, dalla paura e dal bisogno, il loro percorso di vita.

3. Pienamente consapevoli di farci assertori di legalità costituzionale dalla Città allONU e con rinnovata determinazione civica e politica, denunciamo che, mentre si diffonde la cultura dei diritti umani nel mondo delle organizzazioni e dei movimenti transnazionali di società civile, in quello degli enti di governo locale e regionale, nonché nelle scuole e nelle università, il comportamento di molti governi, sia allinterno dei rispettivi stati, sia nel sistema delle relazioni internazionali, dimostra di volere orientarsi in altre direzioni. All’insegna di "più sicurezza meno libertà" si registra la perniciosa tendenza a far prevalere interessi e logiche di spregiudicata Realpolitik sulle esigenze di sviluppo pacifico e democratico delle società. La tortura è disinvoltamente praticata anche in paesi che vantano antiche tradizioni di rispetto dei diritti umani e dei principi dello stato di diritto. Come denunciato dal Parlamento europeo, non pochi tra questi paesi si sono prestati alla pratica illegale delle "renditions". Si moltiplicano i casi di tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini. La violenza nei confronti delle donne e delle bambine, prima ancora di costituire violazioni flagranti dei diritti fondamentali alla loro integrità fisica e psichica e alla salute, è un vulnus direttamente portato al cuore della dignità umana, anzi a tutti i membri della famiglia umana, a prescindere da differenze di genere. La lotta al terrorismo nelle sue varie forme e matrici non legittima in nessun caso le violazioni flagranti del vigente Diritto internazionale. Persiste la tendenza a indebolire le legittime istituzioni multilaterali, a cominciare dalle Nazioni Unite, preferendo la via dellunilateralismo e delle coalizioni multinazionali à la carte secondo le convenienze degli stati più potenti e aggressivi. Denunciamo con forza la tendenza di classi governanti senza scrupoli a riappropriarsi di quel pernicioso "diritto di fare la guerra" (ius ad bellum) che la Carta delle Nazioni Unite, avvalorata dalle successive convenzioni giuridiche sui diritti umani, ha loro sottratto una volte per tutte. Lart. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici dispone al riguardo in maniera perentoria: "1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve esser vietata dalla legge". Dai vertici di classi governanti sempre più avvitate nella spirale dellillegalità viene propagandata la tesi secondo cui la "autotutela successiva" ad attacco armato di stato contro stato, prevista in termini rigorosamente circostanziati dallart. 51 della Carta delle Nazioni Unite quale eccezione alla proscrizione della guerra e al divieto delluso della forza da parte degli stati, andrebbe intesa come "legittima difesa preventiva", trasformando così leccezione in norma generale. In base a calcoli di mera potenza si distingue arbitrariamente, per quanto riguarda limpiego del militare nelle situazioni di crisi, tra "uso della forza" e "peace-keeping", demandando il primo agli stati e concedendo il secondo alle Nazioni Unite. Invece di far funzionare il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, si mette a repentaglio la pace nel mondo con la strategia dello scudo anti missile e alimentando la corsa al riarmo. Le tensioni tra Russia e USA, che riportano alla mente la lunga notte della guerra fredda e del bipolarismo, hanno riflessi negativi, fortemente destabilizzanti, sulla politica mondiale e, in particolare, sulla politica estera dellUnione Europea la quale, dal canto suo, si sta dimostrando incapace di alzare la testa e svolgere un ruolo autonomo di attore civile sulla scena mondiale. Quanto sta avvenendo in termini di riarmo, di proliferazione del nucleare e di diffusione delle cosiddette armi leggere è in linea con la vecchia, nefasta logica del "si vis pacem para bellum", se vuoi la pace, prepara la guerra. Come dire, nella parentesi che si apre tra due guerre guerreggiate, preparati a combatterne unaltra. La "parentesi" viene eufemisticamente definita "pace negativa", in realtà è essa stessa guerra, "guerra-istituzione", fatta di ricerca e di investimenti di pubblico danaro in armamenti sempre più sofisticati. Non soltanto non cè disarmo, non cè neppure controllo del commercio. Le armi prodotte dai nostri civilissimi paesi prendono vie sempre più tortuose e finiscono anche nelle mani della criminalità transnazionale e delle reti terroristiche. Persistono gli ostruzionismi al funzionamento dei tribunali internazionali, in particolare della Corte penale internazionale, insieme con la strumentalizzazione e labuso flagrante della filosofia dello "umanitario" e del principio etico della "responsabilità di proteggere" per fini che sono estranei alle missioni di pace e sicurezza umana delle Nazioni Unite e che riproducono invece lo schema delle classiche operazioni di guerra, con obiettivi di distruzione, occupazione e controllo di territori altrui. Tra questi comportamenti, tanto palesemente illegali quanto clamorosamente inefficaci anche secondo la logica del calcolo costi-benefici, cè lesportazione della democrazia con la forza delle armi. Un indicatore preoccupante di questo "richiamo della foresta" che si traduce nel rilancio della nefasta politica delle sovranità statuali, armate e confinarie è fornito, tra gli altri, dal primo anno di attività del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite che ha sostituito la vecchia Commissione diritti umani e dal quale, come noto, gli USA sono rimasti fuori. In una materia delicata come quella dei diritti umani, che esige indipendenza e imparzialità per lesercizio di appropriate forme di promozione e di controllo, si registra la tendenza a rafforzare la valenza intergovernativa, quindi compromissoria, a scapito di quella sopranazionale, più trasparente e democratica, esercitata da organi formati da persone indipendenti. Dopo la plateale corsa al seggio permanente nel Consiglio di sicurezza registrata nel 2005, ristagna la riforma delle Nazioni Unite. Linerzia riformista degli stati copre il loro attivismo nel depotenziare le legittime istituzioni multilaterali. Nonostante le buone intenzioni espresse nel Rapporto Cardoso su "We the peoples: Civil Society, the United nations and Global Governance" (2004), lo statuto di consultazione delle ONG presso le Nazioni Unite non registra alcun apprezzabile sviluppo in termini di potenziamento del loro ruolo di partecipazione politica e democratica al funzionamento della massima organizzazione mondiale. Continua la distruzione dellambiente naturale, nonostante lallarme lanciato da qualificate istituzioni internazionali e nazionali. Mentre i cambiamenti climatici sono già in atto, cè un colpevole ritardo nel fare ricorso alle tecnologie di risparmio energetico e di impiego delle fonti rinnovabili. Leconomia mondiale continua a rimanere estranea ai dettami della giustizia sociale, condizionata comè dal mito del mercato e penalizzata dai danni provocati dal neo-liberismo e dalla de-regulation. I governi sono flagrantemente inadempienti nel rispettare la tabella di marcia stabilita per i Millennium Development Goals, fissata dalle Nazioni Unite nel 2000. E stata messa in circolazione la parola "flexicurity", la quale nasconde un nuovo, insidisoso disegno di insicurezza e precariato a livello planetario dopo il costoso insuccesso delloffensiva neo-liberista. NellUnione Europea, insieme con persistenti e talora violenti rigurgiti di razzismo, xenofobia, nazionalismo e populismo, si registra lo stallo del processo di costituzionalizzazione del sistema UE, nonostante che 18 stati membri su 27 abbiano ratificato il Trattato che adotta una Costituzione per lEuropa. A prescindere da valutazioni di questa o quella parte del Trattato, il fatto è estremamente negativo perché impedisce o comunque ritarda che la Carta dei diritti fondamentali dellUE assuma forza giuridicamente vincolante. La Carta è importante anche per superare le contraddizioni che marcano lattuale statuto di "cittadinanza dellUE", fondato sulle cittadinanze nazionali degli stati membri e non sui diritti fondamentali di tutti coloro che risiedono regolarmente nel territorio europeo. LEuropa sociale, cioè quella dei diritti economici e sociali per tutti e della piena occupazione, stenta a prevalere sulla nuova, ambigua strategia della flexicurity. I "dialoghi" politici e per i diritti umani che lUE promuove con i paesi terzi e i gruppi regionali registrano un momento di stasi. La stessa "clausola diritti umani" nei trattati con i paesi terzi non ha ancora trovato metodi appropriati di monitoraggio sulla sua implementazione da una parte e dall’altra. Nel nuovo Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, i paesi dell’UE che ne sono membri si trovano ingabbiati all’interno di quella che si sta rivelando essere una minoranza permanente. Si registrano incertezze ed esitazioni nel dar seguito concreto alla filosofia della human security, in particolare per le missioni di pace comportanti limpiego del militare. Per quanto concerne il Corpo civile di pace europeo, allordine del giorno delle istituzioni europee a partire dal 1995, non si registrano progressi di rilievo al di là di un progetto di fattibilità, peraltro non del tutto coerente col paradigma dei diritti umani, predisposto per iniziativa della Commissione europea. Il Partenariato euromediterraneo, avviato con la Dichiarazione di Barcellona del 1995, ristagna, condizionato comè dalle vicende medio-orientali e per la mancanza di una congrua iniziativa politica da parte dellUE, in particolare dei suoi paesi membri che si affacciano sul Mediterraneo. In Italia, nonostante lo sviluppo dellattenzione ai diritti umani che è dato registrare a livello di comuni, regioni, ecc., soprattutto sotto lo stimolo delle associazioni e dei gruppi di volontariato nonché di scuole e di università, le forze politiche dimostrano scarsa o punta ricettività a tradurre i diritti umani nella loro agenda operativa. Non esiste ancora un partito politico che abbia fatto dei diritti umani, puntualmente, altrettanti capitoli del proprio programma. In sede governativa, si registra la persistente opposizione a creare unadeguata "infrastruttura diritti umani", nonostante la proposta, avanzata da un cartello di 72 organizzazioni nongovernative, di istituire la Commissione nazionale dei diritti umani, il Difensore civico nazionale e il Garante nazionale dellinfanzia e delladolescenza in conformità con quanto insistentemente raccomandato dalle Nazioni Unite e dal Consiglio dEuropa. Perfino nel mondo delle associazioni e dei gruppi dinteresse economici e finanziari si registrano prese di posizione contrarie alle suddette proposte. Persistono in sede centrale, ancor più che in sede locale, forti resistenze al riconoscimento degli elementari diritti di cittadinanza agli immigrati. La piena occupazione quale risposta strutturale al precariato, non figura tra gli obiettivi prioritari della maggior parte delle forze politiche.

4. E tuttavia cè spazio per la speranza. La situazione dei diritti umani nel mondo è segnata anche da realtà e tendenze che vanno nella giusta direzione. Occorre innanzitutto segnalare che il corpo di norme internazionali relative ai diritti umani si è recentemente arricchito di tre nuove Convenzioni giuridiche rispettivamente sulla promozione e la protezione delle diversità culturali da parte dellUNESCO, sulla protezione di ogni persona dalle sparizioni forzate e sui diritti umani delle persone con disabilità da parte delle Nazioni Unite. Si segnala altresì ladozione, da parte della Conferenza generale dellUNESCO, della Dichiarazione universale sulla Bioetica e i diritti umani. Sempre al positivo si segnala lentrata in funzione dellAgenzia Europea dei Diritti Umani e della Corte Africana dei diritti delluomo e dei popoli, nonché lincremento di attività dellAlto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e del Commissario Diritti Umani del Consiglio dEuropa, dei Rapporteurs speciali e del Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i Difensori dei diritti umani. Si segnala altresì la crescente attenzione delle Organizzazioni internazionali per il dialogo interculturale, in particolare da parte dellUNESCO, del Consiglio dEuropa e dellUnione Europea. Altamente significativo è il percorso intrapreso nellambito delle Nazioni Unite allinsegna di "Alleanza delle civiltà". NellUnione Europea si segnala positivamente la messa a punto di "linee guida sui diritti umani", con particolare attenzione alle materie della pena di morte, della tortura, dei bambini nei conflitti armati, degli "human rights defenders". Ancora al positivo registriamo che ONG e movimenti solidaristici transnazionali, sempre più numerosi, sempre più informati e consapevoli, sempre più coordinati in "reti", si riconoscono nel Diritto internazionale dei diritti umani e lottano per la sua traduzione in Agenda politica dalla Città all’ONU. In particolare in Italia linsegnamento e leducazione per i diritti umani si vanno diffondendo nelle scuole e nelle università, grazie soprattutto allimpegno di gruppi di insegnanti e di amministratori locali particolarmente sensibili. Da segnalare anche ladozione di nuove leggi regionali specificamente portanti sulla protezione dei diritti umani e la promozione della cultura "diritti umani-pace-cooperazione e solidarietà internazionale", nonché linclusione della norma "pace diritti umani" in statuti comunali e provinciali che ne erano privi.

5. Per ogni diritto umano, un capitolo dellAgenda politica dalla Città allONU. Questa Agenda deve prevedere azioni concrete allinsegna di "tutti i diritti umani per tutti" sia per la politica interna sia per la politica estera. Lelenco aperto dei diritti fondamentali è quello sancito dal vigente Diritto internazionale e dalla Costituzione Repubblicana. La sfida è quella di tradurre in pratica il principio dellinterdipendenza e indivisibilità dei diritti umani civili, politici, economici, sociali e culturali e il principio dellinclusione, che significa offrire occasioni per lesercizio di eguali diritti di cittadinanza a tutti coloro che risiedono nel territorio nazionale. La credibilità e la legittimazione della politica si giocano sul terreno della concretezza. LAgenda politica dei diritti umani non può esaurirsi in un astratto preambolo e in generiche indicazioni programmatiche, essa deve dire cosa concretamente comporta in termini di azioni positive e politiche pubbliche soddisfare, per esempio, il diritto allintegrità fisica e psichica, il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla libertà religiosa, il diritto allassistenza in caso di necessità, il diritto alleducazione, il diritto alla pace, il diritto allambiente, ecc. Nellordine di priorità dellAgenda, devono figurare al primo posto, leducazione, loccupazione, la ricerca, le pari opportunità, lambiente, la cooperazione internazionale e il disarmo. LAgenda presuppone che, oltre alla volontà politica, ci siano strutture e istituzioni capaci di raccogliere la domanda politica che proviene dagli ambienti di società civile. In altri termini occorre attrezzare adeguatamente il sistema Italia. Occorre pertanto creare le istituzioni nazionali per i diritti umani: Commissione diritti umani, Difensore civico, Garante dei diritti dellinfanzia e delladolescenza secondo i principi raccomandati dalle Nazioni Unite, dal Consiglio dEuropa e dallUnione Europea. Occorre che lItalia sia presente, con personale qualificato, in tutte le sedi internazionali in cui si trattano i diritti umani e le questioni di human security e di human development. E necessario che ogni anno il Parlamento dedichi una apposita seduta allesame sullo stato dei diritti umani nel paese e su ciò che gli organismi internazionali di garanzia raccomandano in risposta ai rapporti che lItalia è tenuta a presentare in adempimento di precisi obblighi giuridici. Tra le priorità deve figurare la rapida accettazione della parte C della Convenzione del Consiglio dEuropa (1992) sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, già ratificata dallItalia nel 1994 limitatamente alle parti A e B, che prevede per gli immigrati il diritto di voto, nonché una più organica attuazione di quanto disposto dalla Carta sociale europea. Urge che lItalia ratifichi le convenzioni Internazionali rispettivamente sui diritti umani delle persone con disabilità, sulla protezione di ogni persona dalle sparizioni forzate, sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. La strada dei diritti umani comporta che si riduca la spesa militare e si aumenti la spesa destinata a politiche di pace, a cominciare dalla cooperazione allo sviluppo, la tutela dellambiente e gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Giudicheremo i partiti politici sulla base della loro capacità di dare concretezza ai diritti umani nelle loro piattaforme.

6. LItalia è un paese che, ancor più di altri, deve agire nel sistema internazionale come "attore civile", consapevole delle risorse di potere costituite dal suo patrimonio fatto di autonomie locali, formazioni solidaristiche di società civile, beni artistici, monumentali e paesaggistici. In quanto attore civile, lItalia è sollecitata dalla sua fertile società civile a farsi protagonista di nuovo, integrale umanesimo per la governance in sede di Unione Europea, di Nazioni Unite e di partenariato Euromediterraneo. Il nostro Paese deve pertanto dimostrare sul campo come e quanto siano efficaci le politiche intese a prevenire i conflitti violenti attraverso la diplomazia preventiva, la diplomazia delle città (city diplomacy), la cooperazione internazionale, il disarmo. E importante ricordare che disarmo reale può avvenire soltanto se si pongono le Nazioni Unite e, in stretto coordinamento con lONU, anche le altre legittime istituzioni internazionali multilaterali, nella condizione di operare con efficacia e tempestività. Il disarmo dipende in grande misura dalla messa in funzione del sistema di sicurezza collettiva quale previsto, nelle sue linee generali, dalla Carta delle Nazioni Unite. LItalia deve contrastare con determinazione la tendenza dei paesi più potenti a riappropriarsi di quel diritto di fare la guerra (ius ad bellum) che, come prima sottolineato, la Carta delle Nazioni Unite ha loro sottratto una volta per tutte. Essa deve farsi interprete dellesigenza sempre più impellente di un ordine mondiale delleconomia che risponda ai dettami della giustizia sociale, dello sviluppo umano e quindi di tutti i diritti umani per tutti. Il governo italiano deve farsi parte attiva nel cantiere per la riforma delle Nazioni Unite ed essere ricettivo nei confronti delle proposte di quelle formazioni di società civile globale che hanno scelto la via istituzionale nonviolenta e democratica alla pace la "via Perugia-Assisi" come sottolineato nel gennaio 2006 in occasione del 10° anniversario della Tavola della Pace , e che proprio nel cantiere della riforma si dimostrano particolarmente attive e puntuali soprattutto a partire dal 1995, anno del cinquantesimo della costituzione dellONU. Per rafforzare lOrganizzazione delle Nazioni Unite, il cui destino è strettamente legato alleffettività del Diritto internazionale dei diritti umani, occorre dotare di più diretta legittimazione democratica i suoi organi decisionali e di più sostanziosa partecipazione di società civile i suoi processi decisionali: dunque, democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa a livello mondiale. Urge che si faccia funzionare il sistema di sicurezza collettiva sotto lautorità "sopranazionale" delle Nazioni Unite, sicurezza da intendersi come "sicurezza umana" multidimensionale (human security), dunque come "sicurezza della gente" (people security) comprensiva di ordine pubblico, giustizia sociale ed economica, salvaguardia dellambiente. In questo quadro le missioni di pace delle Nazioni Unite dovrebbero acquisire una volta per tutte la denominazione di "missioni per la sicurezza umana" e avere al loro interno una congrua componente civile, con al centro il Difensore civico con funzioni di sorveglianza e mediazione rispetto ai comportamenti di tutti i membri delle missioni nei loro rapporti con le popolazioni e le autorità locali. Attorno allufficio del Difensore civico dovrà esserci personale adeguatamente formato, esperto soprattutto per lesercizio di funzioni di monitoraggio dei diritti umani, fact-finding, enquiring, early warning. La dimensione umana, segnata dal paradigma dei diritti umani, deve esere trasversale sia alla componente militare sia a quella civile.
E
lecito attendersi che lesemplare protagonismo messo in atto dal Governo Italiano in Libano, prima sollecitando il ruolo attivo delle Nazioni Unite e dellEuropa poi partecipando con un considerevole numero di militari alla missione, prosegua con uniniziativa volta a rafforzare la dimensione umana di questo genere di missioni. Liniziativa potrebbe costituire un valido precedente per caratterizzare in maniera definitiva qualsiasi altra operazione di pace intrapresa dalle Nazioni Unite e dallUnione Europea, partendo dallassunto che la Politica deve guidare e controllare, da casa e sul campo, le operazioni comportanti luso del militare. Lassunto implicito è che il ruolo dei Ministeri della Difesa sia complementare, anzi subordinato, rispetto al ruolo dei Ministeri degli Affari Esteri. Occorre che il Governo Italiano, forte del credito acquisito con liniziativa per il Libano (e il collegato rilancio della centralità delle Nazioni Unite), prenda liniziativa di costituire il Corpo Civile di Pace Italiano.
Urge potenziare il sistema di organi internazionali deputati alla garanzia dei diritti umani e quindi al controllo del comportamento degli stati in materia. In particolare occorre sostenere il ruolo dell
Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e linsieme dei Comitati preposti al monitoraggio dellattuazione delle più importanti Convenzioni giuridiche internazionali sui diritti umani. L’Italia deve far propria la proposta, da diversi anni anni avanzata negli ambienti di società civile globale, mirante alla convocazione di una "Convenzione globale per rafforzare e democratizzare le Nazioni Unite", cioè di un organo ad hoc aperto alla partecipazione di varie fasce di rappresentanza: governi, parlamenti, enti locali, organizzazioni non governative. Il senso di questa proposta è che la democrazia internazionale deve manifestarsi già nel momento in cui si progettano gli sviluppi dellordine mondiale.

7. Poiché la cittadinanza dei diritti umani è cittadinanza inclusiva e lo spazio istituzionale in cui questa esercitarla deve avere esso stesso i caratteri dellinclusione quale premessa di coesione sociale e di volontaria integrazione, lItalia deve promuovere il dialogo interculturale per la "città inclusiva" al suo interno e nei sistemi di cooperazione di cui fa parte, a cominciare dallUnione Europea. In questo contesto, lItalia deve essere esempio di genuina laicità, nella consapevolezza che gli indicatori di questa sono tutti i diritti umani e le libertà fondamentali, a cominciare dalla libertà religiosa, di coscienza, di pensiero, di espressione. Perché questo impegno per il dialogo e linclusione sia sentito e partecipato da tutti, occorre che leducazione ai diritti umani sottolinei il valore della responsabilità sociale e della solidarietà nei contesti comunitari e istituzionali quali si articolano ai vari livelli, dalla Città, allEuropa, al mondo. Come ricordato allinizio, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani addita "linsegnamento e leducazione" quale strada maestra per il loro rispetto, dunque in corretta prospettiva pedagogica di orientamento allazione. Questo porta a dire, senza tema di retorica, che coloro che insegnano, educano e formano per i diritti umani, la pace, la solidarietà, il dialogo interculturale sono ancora più importanti, se possibile, dei capi di stato e dei giudici. A sottolineare il rilievo civico e politico di questo compito di garanzia primaria dei diritti fondamentali, torna utile richiamare il testo dellarticolo 13, primo comma, del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, che precisa qual è il contenuto che il vigente Diritto internazionale assegna al diritto allistruzione-educazione: "Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo allistruzione. Essi convengono sul fatto che listruzione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali. Essi convengono inoltre che leducazione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e lamicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace".Occorre preparare i giovani ad alimentare nuove classi di governanti in sede nazionale, locale e internazionale, che abbiano i diritti umani nella mente e nel cuore e che capiscano fino in fondo ciò che significa la seguente verità: se le costituzioni hanno un cuore, non possono non averlo, questo sono i diritti umani.


Marco Mascia e Antonio Papisca

Centro Diritti Umani dellUniversità di Padova


Giugno 2007

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